mercoledì 11 giugno 2014

Cattani consulente del Sindacato Europeo, interviene sulla polizza obbligatoria per gli infermieri

Presto in vigore la polizza obbligatoria per gli infermieri E’ imminente – a far data dal 14 agosto 2014- l’entrata in vigore del D.P.R. 7 agosto 2012 N.137 in attuazione del D.L. 13 agosto 2011 N.138 “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, convertito in L.14 Settembre 2011 n.148, riguardante l’obbligo in capo al personale infermieristico di contrarre polizza assicurativa per responsabilità civile professionale . E’ bene sgombrare il terreno da dubbi o equivoci qualchessiano:la convinzione che, solo l’infermiere libero professionista sia tenuto all’attivazione della polizza in questione, mentre l’infermiere pubblico dipendente sia dispensato per intervento in sua vece dell’Ente pubblico di appartenenza, è del tutto fallace. Infatti secondo la L.24 dicembre 2007 N.244 (Finanziaria 2008) “è nullo il contratto di assicurazione con il quale un ente pubblico assicuri i propri amministratori ”( alias i dipendenti) “ per i rischi derivanti dall’espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica” (alias ruoli ricoperti) e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad enti pubblici e la responsabilità contabile. I contratti di assicurazione in corso alla data di entrata in vigore della presente legge cessano di avere efficacia alla data del 30 giugno 2008. In caso di violazione della presente disposizione, l’amministratore che pone in essere o proroga il contratto di assicurazione e il beneficiario della copertura assicurativa sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare dei premi complessivamente stabiliti nel contratto medesimo”. La pronuncia della Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale Emilia-Romagna 1 agosto 2006 N.895, ha ribadito che tali contratti sono da ritenersi illegittimi a tutti gli effetti e generatori di responsabilità amministrativa sia nei confronti degli amministratori sia nei confronti di chi li ha autorizzati e deliberati, in quanto idonei a deresponsabilizzare gli stessi dipendenti ed amministratori che dovrebbero tutelare, manlevando- li, perfino, a spese del datore di lavoro, dei rischi conseguenti dalla specifica responsabilità amministrativa prevista dall’Ordinamento, fin dall’art.28 della Costituzione e dalla legislazione in tema di responsabilità amministrativa. A proposito delineasi il quadro normativo di riferimento: Art.28 COST.:”II funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili,secondo le leggi penali,civili e amministrative degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.” Da ciò discende il principio della responsabilità personale di chi agisca quale organo della P.A. e la responsabilità della P.A. per gli atti illeciti commessi dai suoi dipendenti: tale responsabilità ha natura diretta in forza del rapporto organico che lega i pubblici dipendenti all’amministrazione (C.COST.24 febbraio 1992,n.64; CASS. 27 novembre 1975,n.3959, CASS. 5 gennaio 1979,n.31). Ai sensi dell’art.28 COST. sussiste una responsabilità diretta dell’ente pubblico per i danni cagionati a terzi da propri dipendenti, che è concorrente e solidale con quella, parimenti diretta, di quest’ultimo nei confronti dei terzi (CASS. 5 settembre 1985,n.4620); art.22 c.2 T.U. 3/57: prevede che,qualora l’amministrazione sia chiamata a risarcire per l’ipotesi di colpa grave un danno a terzi, l’obbligo di rivalsa nei confronti del dipendente al fine di recuperare ciò che abbia corrisposto; la l.14 gennaio 1994 n.19 e la l.20 dicembre 1996,n.639, enunciano il principio di responsabilità civile “ius singulare” (CC.2001/123) che attribuisce oltre che ai dirigenti anche agli amministratori ed ai dipendenti ipotesi di nel caso cui l’inosservanza di specifici doveri di servizio si rivelasse fonte di danno patrimoniale all’amministrazione ; l’art.13 L.142 del 1992 ( successivo alla direttiva 89/65/CEE del 21 dicembre 1989,n.689, che, al fine di garantire l’effettività delle nome sostanziali di cui alle direttive concernenti gli appalti pubblici, di lavori e forniture, ha imposto agli Stati membri di istituire mezzi e procedure tali da assicurare l’obbligo di risarcire danni subiti a causa della violazione del diritto comunitario e delle norme nazionali che lo hanno recepito, ha condotto al d.lgs. n.80 del 1998 in tema di diritti patrimoniali consequenziali di cui alle materie in via esclusiva assegnate alla giurisdizione amministrativa; la sentenza della Corte di Giustizia CE 18 novembre 1991, cause riunite C-9/90, ha espressamente affermato la protezione risarcitoria generalizzata azionabile ogniqualvolta si vedano lesioni in violazione di normative comunitarie; la sentenza della CASS. 500/2000 ha affermato la risarcibilità dei danni derivanti da violazione di interessi legittimi:nel giudizio di bilanciamento tra gli interessi in gioco spetterà al giudice procedere ad una selezione degli interessi giuridicamente rilevanti, poiché solo la lesione di un interesse siffatto può dare luogo ad un “danno ingiusto”, ed a tanto si giungerà con un giudizio di comparazione degli interessi in conflitto, e cioè dell’interesse effettivo del soggetto che si protesta danneggiato e dell’interesse che il comportamento lesivo dell’autore del fatto; ciò è volto ad accertare se il sacrificio dell’interesse del soggetto danneggiato trovi o meno giustificazione nella realizzazione del contrapposto interesse dell’autore della condotta, in ragione della sua prevalenza; la nozione di “colpa” in diritto civile mutua i principii propri del diritto penale:essa può intendersi come inosservanza di regole espressamente previste, o evocate dalle nozioni di diligenza,prudenza,perizia in funzione di tutela preventiva di determinati beni da determinati eventi dannosi; essa si distingue in: 1) colpa generica: derivante da inosservanza di regole(negligenza,imprudenza,imperizia) sulle quali fondare un criterio d’imputazione che non si esaurisce nel mero oggettivo divieto di realizzare un certo risultato;di talchè si intende: a) negligenza: mancato adeguamento del comportamento tenuto alle regole sociali che prescrivono le modalità di svolgimento di quel tipo di azione, b)imprudenza:positiva antitesi con regole sociali che vietano certe azioni o certe modalità di azione, c) imperizia: insufficiente adeguamento alle regole tecniche (di competenza e di abilità) valevoli per determinate attività; 2) colpa specifica: inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, da cui discenda l’inosservanza delle norme prevenzionali , dirette a prevenire eventi pregiudizievoli del tipo di quello in concreto verificatosi. La nozione di misura della colpa è allocata nel diritto civile e si ravvisa nel comportamento di chi agisce con straordinaria e inescusabile imprudenza e che omette di osservare non solo la la diligenza media del buon padre di famiglia, ma anche quel grado minimo ed elementare di diligenza che tutti osservano (CC.70/2260), Dal quadro preddescritto si evince come rilevi in capo all’infermiere (libero professionista o dipendente) la specificità della sua attività e,di conseguenza, la natura di “colpa specifica” a cui soggiace. Infatti la professione in questione è contraddistinta: dalla responsabilità clinico-assistenziale di cui alla l.42/99 e succ. D.M. 14 settembre 1994,n.739 “Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’infermiere” che ha abrogato il D.P.R. 14 marzo 1974 n.225 (ad eccezione delle disposizioni riguardanti l’infermiere generico), in cui leggesi tra l’altro:”Il campo specifico di attività e responsabilità delle professioni sanitarie...è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitari e di formazione post-base nonché degli specifici codici deontologici, fatte salve le competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario per l’accesso delle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea nel rispetto reciproco delle rispettive competenze professionali.”. Da quanto esposto si ricava che: la previsione di polizze assicurative atte a coprire responsabilità per colpa grave può essere stipulata solo dall’infermiere in proprio; l’azienda pubblica può stipulare contratti assicurativi con copertura a proprio carico solo per le ipotesi di colpa lieve (Corte dei Conti Sezioni Riunite per l’Emilia-Romagna 1 agosto 2006,n.895). Del resto in contratto collettivo Compartimento Sanità 07/04/199 all’art.25 c) prevede che “LE aziende assumono tutte le iniziative necessarie per garantire la copertura assicurativa della responsabilità civile dei dipendenti ivi comprese le spese di giudizio ai sensi dell’art.26, per le eventuali conseguenze derivanti dalle azioni giudiziarie dei terzi per la loro attività senza diritto di rivalsa, salvo le ipotesi di dolo o colpa grave.”. Il contratto in parola protegge l’assicurato da perdite economiche in dipendenza di risarcimento generato da colpa commessa sul posto di lavoro, purchè presentata nell’arco temporale di validità della polizza, con rimborso delle spese legali dovute a fronte di provvedimenti giudiziali entro il limite del 25% del massimale scelto. La compagnia assicurativa tutela l’assicurato pure in caso di azione di rivalsa, da parte del di lui datore di lavoro,per danni cagionati a terzi. AVV. CLAUDIO CATTANI.

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